UN'AVVENTURA IN INDIA MOLTO PARTICOLARE

Quanti di noi, almeno una volta, hanno immaginato di varcare una soglia e di ritrovarsi all'improvviso proiettati in un luogo diverso, molto lontano, magari anche in un tempo diverso? In un mondo nel quale le cose che vediamo, i nostri amici, noi stessi siamo tutti copie di quelli che esistevano al di là di quella soglia.
E' la teoria dei mondi paralleli, che tanto ha ispirato e alimentato romanzi e film di fantascienza e non solo (come Sliding Doors). Ma è soltanto frutto della fantasia di qualche autore visionario, oppure gli universi paralleli esistono davvero?

È l'ipotesi formulata nel romanzo «L'espressione del vuoto».
Il protagonista, un certo Franzo Gibuti si guadagna da vivere progettando software per apparecchiature di realtà virtuale. Una sera, al termine di una giornata faticosa e frustrante, prende l'ascensore nel palazzo in cui lavora, pregustando un fine settimana di riposo e svago. Ma per qualche ragione inspiegabile, quando le porte dell'ascensore si aprono, invece di sbarcare al piano terreno dell'edificio, si ritrova all'interno di un grande albergo, in India.
Da quel momento, il nostro uomo viene suo malgrado risucchiato in una situazione complessa e insidiosa, dove i servizi segreti, una sanguinaria setta religiosa, un bislacco professore americano e un'improbabile suora amante del rock, sono alla ricerca forsennata di un manoscritto antichissimo, trafugato dal Museo di Storia della città.
Così Franzo, nel tentativo di trovare una spiegazione ai paradossi che, con il trascorrere delle ore, sgretolano le sue certezze e mettono in pericolo la sua vita, intraprende un viaggio gravido di incognite verso un misterioso tempio nascosto nella giungla, al termine del quale scoprirà che quello in cui vive è soltanto uno degli infiniti mondi resi possibili dalle altrettanto infinite concatenazioni degli eventi.